lunedì 16 luglio 2012

L'analisi del Lunedi dei Mercati Finanziari - 16 luglio 2012


Carissimi,

che il dollaro sia destinato a rafforzarsi non lo dice solo il mio modello di analisi quantitativa, che peraltro in questi mesi è stato di una notevole precisione visto che ha centrato due cose:

  1. la direzione del dollaro, che sarebbe stata al rialzo,
  2. il fatto che il rialzo (e il ribasso dell’euro/dollaro da 1,36 di fine febbraio a 1,22 di oggi) sarebbe stato netto, ma non travolgente (lo dovrebbe essere nelle prossime settimane e nei prossimi mesi).
Che il dollaro sia destinato a rafforzarsi è la conseguenza anche di circostanze che si stanno verificando nell’economia USA e che sono poco conosciute. Vediamole. Il contributo alla crescita del PIL negli Stati Uniti negli ultimi 4 anni è attribuibile per la metà ai consumi interni (nonostante la disoccupazione) e per l’altra metà alle esportazioni (cosa mai avvenuta in passato). Le altre componenti - investimenti e spesa pubblica- non hanno recato alcun contributo. Le esportazioni stanno crescendo rapidamente e il deficit della bilancia dei pagamenti corrente dal 6% del 2006 si è ridotto al 3% con la componente dei servizi che cresce molto rapidamente (i servizi sono ormai il 30% dell’export contro il 20% a  livello mondiale), ma la voce da cui ci si possono aspettare grandi miglioramenti è quella del petrolio che tradizionalmente costituisce il maggior onere per la bilancia dei pagamenti USA. Qui il divario fra consumo e produzione nazionale si sta restringendo. L’America consuma attualmente 22 milioni di barili al giorno e ne importa 9 milioni, ma è vicino il momento in cui gli USA (oggi il terzo produttore del mondo) potranno estrarre altri 7 milioni di barili/giorno rendendo “modesto” il fabbisogno di petrolio importato. Del resto la crisi dell’euro tocca poco la Confederazione Nordamericana. I mercati di esportazione sono in sequenza: Canada, Messico e Cina. Mentre l’export verso l’Europa cresce lentamente, quello verso l’America Latina è aumentato di oltre il 50% in due anni. In conclusione quindi prevedo debolezza dell’euro/dollaro sia sul piano quantitativo, sia su quello fondamentale. Conta assai poco il fatto che in una certa settimana, magari questa, l’euro possa dare qualche segnale di vitalità.
Passando a parlare dei mercati azionari, si può notare che l’SP 500 è al rialzo del 6% da inizio anno, mentre l’eurostoxx 50 è al ribasso di circa il 3% e altrettanto lo sono le borse dei paesi emergenti. Vi è molta preoccupazione per i dati relativi agli earnings delle società americane nel secondo trimestre, ma io credo che a determinare l’andamento di borsa non siano tanto gli earnings, quanto il rapporto P/E, il cosiddetto moltiplicatore che è espressione del social mood. Il social mood nel corso degli ultimi anni è stato così negativo che il moltiplicatore è sceso da 22 a 12 in America e si trova sotto 10 in Europa. A earnings invariati, se il livello del rapporto P/E tornasse a 18 (cioè intorno alla media storica) i prezzi potrebbero crescere del 50% in America. E la verità è che negli USA vi sono sintomi positivi non tanto sul piano congiunturale, ma su quello strutturale di una ricostruzione e un migliore ribilanciamento dell’economia americana. Dal punto di vista operativo la netta risalita degli indici di venerdì scorso conferma che siamo vicini ad una nuova fase di rialzo che dovrebbe portarci a fine anno a 1600/1700 dell’SP. Acquisterei quindi su ogni debolezza.
Per i metalli preziosi bisogna aspettare ancora: la previsione di un periodo senza trend è stata corretta. L’eventualità di un ribasso fino a 1400/1350 per l’oro non è scongiurata.
Anche per quanto riguarda il petrolio bisogna constatare l’assenza di trend: questa settimana tuttavia dovrebbe essere favorevole e si potrebbe superare il livello di 90 dollari per barile.
I Treasury Bonds trentennali vanno abbandonati: una vendita intorno a 152 sarebbe ideale per un movimento brusco fino a 142 nel corso dei prossimi 10 giorni.

Cari saluti

Francesco Arcucci


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